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Brevi pillole di grandi incontri a Futuri Maestri

Puntata n° 1: Michela Murgia, Daniel Pennac e Roberto Saviano

Ph. Luciano Paselli

Tra i tanti doni che Futuri Maestri ha portato a tutti noi, grandi e piccini, ci sono stati tanti, preziosi, incontri. I cinque eventi speciali presso il MAMbo, l’Arena del Sole, l’Unipol Auditorium e il Teatro Comunale di Bologna e presso la Mediateca di San Lazzaro di Savena sono stati, infatti, l’occasione per visitare queste bellissime istituzioni culturali del territorio e ascoltare maestri d’eccezione raccontarci le cinque parole chiave del progetto (guerra, amore, lavoro, crisi, migrazione) declinate nelle varie arti e schiudere i segreti su come si costruisce un’opera d’arte.

Qui non racconteremo gli eventi nel dettaglio, bensì vi regaleremo alcune pillole tratte dalle interviste realizzate con i cinque ospiti speciali nel dietro le quinte: in questa puntata, Michela Murgia, Daniel Pennac e Roberto Saviano; in una seconda puntata, che pubblicheremo prossimamente, Silvia Spadoni e Nicola Sani, padroni di casa rispettivamente del MAMbo e del Teatro Comunale di Bologna.

Cosa hai trovato nel progetto Futuri Maestri che te lo ha fatto sentire anche un po’ tuo?

Michela Murgia

Ho deciso di partecipare a questo progetto perché mi piace la sfida dell’intergenerazionalità, mi piace l’idea che si possano fare cose non divise per compartimenti stagni (questo va bene per gli adulti, questo per i bambini, questo per gli adolescenti – anche se per gli adolescenti si fa pochissimo), anche accettando la sfida della complessità che questo comporta, e anche attraverso la complessità dei linguaggi utilizzati.

Daniel Pennac

Di Futuri Maestri mi piace il fatto che si coinvolgano bambini a partire dai 3 anni, perché per me la piccola infanzia è altrettanto importante che l’adolescenza o la gioventù. In questo senso Futuri Maestri mi ricorda il Sistema Abreu. In quel caso, il Sistema ha addirittura salvato delle giovani vite, decine di migliaia di bambini, grazie alla musica.

Roberto Saviano

Ho trovato nel progetto Futuri Maestri una scuola di empatia, un progetto in grado di innescare nei ragazzi, nelle ragazze, la volontà di capire, no, non semplicemente questo, la volontà di sentire, ecco. Ecco perché ho deciso di venire, di esserci, per poter essere in qualche modo parte di questo “addestramento al sentire”.

Tra i temi del progetto c’è anche l’idea di abbattere i muri che spesso separano i “comuni cittadini/e” dagli artisti/e o uomini e donne di cultura e rendono le istituzioni culturali o i luoghi d’arte spesso elitari e irraggiungibili. Qual è secondo te il ruolo di un artista o di un uomo o donna di cultura nel nostro tempo?

Michela Murgia

Come diceva Gramsci, l’artista, l’intellettuale è qualcuno che getta continuamente rampini sul reale, che fa da raccordo tra l’elemento popolare e quello elevato, colto, elitario. Se l’intellettuale, l’artista non fa questo, viene meno al suo ruolo principale che non è quello di produrre decoro per il regime.

Mi infastidisco quando sento usare la parola “artista” per indicare qualcuno incompetente della realtà. “Vabbè, è un artista”, come a dire, “Ha la testa fra le nuvole, non ha i piedi per terra”. L’artista vero non soltanto ha i piedi nella realtà, ha le mani nella realtà, ma spesso ha lo sguardo puntato in quelle ombre della realtà che nessun altro può permettersi di guardare. In questo senso l’arte è anche il luogo della cattiva coscienza sociale: quello che non si può dire da nessun’altra parte, solo nell’arte può trovare uno spazio, una voce.

Daniel Pennac

Citavo prima il Sistema Abreu proprio perché di ogni progetto mi interessa la ricaduta concreta, al di là degli “ideali”, dei “valori”, dell’“arte”, che vanno bene, ma che, se restano astratti, se restano parole, servono solo a riempire la bocca di chi le pronuncia. Invece le azioni dentro un progetto sono la cosa più importante.

Per esempio, io penso che tutte le classi di tutti i licei in Francia debbano avere una compagnia teatrale e che tutti gli insegnanti dovrebbero aver fatto teatro. Perché il teatro permette la vera comunicazione, che si incarna, è concreta. Se il teatro è un’arte eterna, da Sofocle ai giorni nostri, lo è appunto perché serve a dare senso alla parola “comunicazione”. Eppure è un’arte negletta, non sostenuta economicamente. Da Sofocle ai giorni nostri.

Roberto Saviano

Definirsi “donna di cultura, uomo di cultura” significa rendersi cittadini di un ben preciso territorio, un territorio che non ha confini, un territorio dove le differenze aumentano i diritti e non li diminuiscono. Quindi il compito di chi ascrive la propria attività, il proprio sentire alla cultura – che tu sia scrittore o conservatore, professore, musicista, maestro, qualunque sia il tuo lavoro, artigiano, operaio, se accedi a questa cittadinanza, lo fai attraverso i libri, la poesia, il gusto, l’eleganza, la meraviglia, lo stupore, la provocazione, l’indignazione – quindi, dicevo, qualora ci fosse un compito, quel compito è cancellare i perimetri, buttar giù muri, creare connessioni, generare condivisione, tutto ciò che aumenta e non diminuisce, tutto ciò che fa aumentare libertà, conoscenza. Sembrano soltanto parole vacue, ma quando ognuna di queste parole viene meno, allora si inizia quasi a soffocare, come se si perdesse ossigeno. Quindi, il compito della donna, dell’uomo di cultura, secondo me, è essere sempre, perennemente, ponti.

Queste preziose pillole sono solo un assaggio di questi altri incontri, che saranno poi raccolti e montati nel film documentario su Futuri Maestri, la cui lavorazione è già iniziata e sarà presentato dopo la fine del progetto.

A pochi giorni dal debutto dello spettacolo all’Arena del Sole, ci sembra che queste parole acquistino un senso ancora più profondo e possano essere un viatico all’ultima avventura che ci aspetta.

Continuate a seguirci!

 

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